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22.01.2012 - A.Giacobbe

L'Istituto Internazionale di Studi Liguri in grave difficoltà. La necessità di un rilancio.

Un grave momento per la Cultura. Non solo in Provincia di Imperia, ma anche in tutta la Liguria e, si può dire, oltre. Perché l'Istituto Internazionale di Studi Liguri, oggi in grave difficoltà, è appunto “Internazionale”, non solo con le sue sezioni, ma anche in relazione alle sue relazioni culturali collegate a tanti ambiti di ricerca in tutto il mondo. Non solo archeologia locale, ma anzi grande apertura al mondo scientifico, testimoniata dai frequentatori della giustamente celebre biblioteca intitolata a Clarence Bicknell e, tra le altre cose, dai vari corsi formativi sulle metodologia archeologiche organizzati dalla benemerita Istituzione.

A questo punto la situazione è oggettivamente grave. La sempre più menzionata crisi economica colpisce in primo luogo la Cultura, per tutta una serie di circostanze oggettive. Quasi fosse inutile. Grave assunto in un momento in cui si ha poca fiducia nel futuro, anche in relazione alle possibilità di crescita formativa della popolazione e dei giovani. Una Istituzione Culturale non si regge solo sull'ingresso ai musei che gestisce o su operazioni simili. Appare evidente in ogni nazione. Gli investimenti pubblici e privati sono necessari. Nel caso degli investimenti pubblici, c'è un vuoto assordante per l'Istituto. Mancano all'appello fondi comunali per la sede centrale di Bordighera, provinciali e financo regionali. Benché il Consiglio Regionale abbia votato un provvedimento di sostegno all'ente culturale, si deve temere che anche questa volta una miope istituzione di stampo genovese non si accorga che l'Istituto è “ligure” al di là della sede centrale bordigotta. A testimonianza dell'importanza ultraregionale degli “Studi Liguri” resta fortunatamente il finanziamento dello Stato, nella figura del Ministero per i Beni Culturali. Un assunto che dovrebbe fare riflettere gli amministratori regionali.

Al tempo stesso, la ricerca di investitori privati va di pari passo con un rilancio dell'Istituto stesso, in grado di stare al passo con i tempi di attrarre investimenti in ragione di una migliore politica culturale, gestionale, di stampo imprenditoriale, che ridia alla struttura la sua natura di impegno nazionale ed internazionale. Basti pensare alla ricaduta di un progetto portato avanti nel 2011 in onore di Clarence Bicknell, da un gruppo multidisciplinare (artisti, fotografi, botanici, guide turistiche, musicisti, storici), coordinato dalla dott. Daniela Gandolfi, archeologa molto nota in ambito nazionale e non solo. Si sono viste cose molto belle anche nel museo-biblioteca Bicknell, con una notevole apertura al pubblico. Aperture che questa situazione di stallo mette in forse. E qui sono messi in forse anche i posti di lavoro, cosa ulteriormente grave. Tanto del personale addetto ad una biblioteca che rischia di rimanere chiusa, a strutture museali che vanno in difficoltà, a personale amministrativo che si vede aprire il baratro di una disoccupazione in età già avanzata.

Per contro, se si osservano le potenzialità anche solamente locali dell'Istituto, ci si rende conto che si può creare con creatività un sempre più efficace luogo diffuso di centro di servizi per il sostegno della Cultura. Una impresa, la produzione culturale, che non può che essere caratteristica italiana di base. Anche per creare nei cittadini una consapevolezza dei luoghi abitati che vada oltre i limiti del semplice vissuto per un livello più alto, con indubbie ricadute sociali.

 

 

 


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