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26.10.2012 - VALERIO GAMBACORTA

Demone del gioco e dipendenza da internet: le nuove "droghe"...

Sempre più spesso si sente parlare di “ludopatia”, di “internet addiction”. In tanti ignorano. Ma le statistiche sono drammatiche. Non a caso si parla di nuove “dipendenze” ben più subdole di quelle tradizionali.

Un “gratta e vinci” può cambiarti la vita? Lo possono estrazioni milionarie che si susseguono ogni ora?

Le macchinette “mangiasoldi” installate, ormai, in qualsiasi bar o tabacchino vengono stabilmente frequentate da donne e pensionati che si “scoppiano” così il già misero stipendio/pensione erogato in questo periodo critico un po’ per tutti.

Questa, in sintesi, la “ludopatia”. Una nuova “tossicodipendenza”. Non c’è droga, non c’è coca e non c’è eroina. Soltanto il “vizio del gioco” che ti entra dentro come un demone e ti brucia  e spinge a giocare e giocare ancora, tanto prima o poi la “botta di fortuna” arriverà e ti ripagherà dei sacrifici (?) fatti.

A scapito come si diceva della stabilità economica tua e della famiglia che magari intorno a te gravita…e della salute psichica e fisica.

Un dato del Ministero della Sanità italiana è sconvolgente: il 3% della popolazione adulta è afflitta da questa dipendenza…

Circa 2.000.000 di persone insomma ne sarebbe afflitta. E le macchinette o slot che dirsi voglia aumentano in Provincia sempre di più (sono circa settemila). Recentemente a Bordighera, per esempio, il progetto di apertura di una mini “casa da gioco” provocò la giusta rabbia di Donatella Albano, esponente del Pd in Provincia, la quale fece notare come il business in questione oltre ad essere moralmente inaccettabile fosse in mano a famiglie affiliate alle “ ‘ndrine” locali (ciò la costrinse a girare “sotto scorta per le minacce ricevute).

Ora, un segnale forte nella lotta a questo fenomeno, avverrà da oggi anche a Ventimiglia: l’associazione “L’Ancora”, infatti, nella sua storica sede in Via Sant’Anna, ha inaugurato proprio un ulteriore percorso riabilitativo legato alla dipendenza dal gioco; accanto ai percorsi “storici” di recupero per l’alcolismo e le dipendenze da sostanze stupefacenti, educatori e psicologi sosterranno i nuovi ospiti nel loro “iter” di riabilitazione volto a riconquistare il primato della propria affettività umana e sociale sui meccanismi stranianti del gioco.

Come ci precisa Veronica Zaia, operatrice del Centro di solidarietà "L'Ancora": "le novità, infatti, riguardano la nascita di percorsi brevi per cocainomani e per minori. Le cosiddette ludopatie, così come le dipendenze da internet addiction, psicostimolanti, cannabis e abuso da cocaina sono invece trattate all'interno di un progetto denominato PRISMA".

Il link del sito è il seguente: www.centroprisma.it.

Un segnale “forte” per una realtà all’avanguardia e sempre in prima linea a difesa dell’individuo e della “humanitas” nel senso latino del termine.

Ma ora come ora si parla anche di “internet addiction”: twitter, Facebook, la realtà virtuale e gli “avatar” che ognuno si scieglie in questo mondo “digitale” che assumono connotazioni sempre più reali. Per chi vi è dentro.

In realtà, ovviamente abusandone, ci si aliena, ci si estranea dal mondo, dalle relazioni sociali.

Un fenomeno in piena evoluzione. Negli Stati Uniti studiato fin dal 1995, in Italia scoperto solo da poco tempo, ma con le prime drammatiche conseguenze.

Di recente sono stati, infatti, inaugurati i primi centri di recupero di soggetti sofferenti di “internet addiction” (schiavi ovvero della tecnologia, nella fattispecie di internet).

Che Cronemberg in “Existenz” ci avesse visto lungo era risaputo (il regista canadese è un genio): il suo protagonista viveva perennemente “on line” (e parliamo di un film di vent’anni fa) attraverso un “chip” installato sotto pelle all’altezza dei reni e collegato ad un “server”.

In tal senso, dicevamo, a Torino e a Roma (Policlinico Gemelli) sono state aperte le prime cliniche tese a curare questi nuovi “tossici”: la cosa sconvolgente è che l’approccio terapeutico è il medesimo delle patologie alcoliste e “tossiche” vere e proprie – da un primo approccio di gruppo ad un approccio singolo e individuale, mirato sulla personalità del soggetto.

L’utenza? La dott.ssa Bonelli dei Servizi sociali di Ventimiglia ci è di aiuto, in tal senso: “Dal ragazzino di quindici anni che non stacca gli occhi da facebook o dall’ultimo gioco di ruolo, al quarantenne “intossicato” solo recentemente dall’universo parallelo della tecnologia estrema…Nella fattispecie (statisticamente), il ragazzino tende ad avere una fruizione smodata dei “war games” – giochi di guerra e similari, mentre l’adulto un consumo esponenziale di immagini a contenuto pornografico. Siamo sempre nel campo delle dipendenze “comportamentali” di tipo compulsivo, dove l’uso esasperato delle tecnologie giunge ad intaccare e modificare il tenore delle relazioni sociali ed affettive.

Occorre diffidare anche dalle risposte del tipo: “Io su internet sto solo tre ore”. Il “trucco” sta nel non fare di quelle tre ore il centro vitale e focale della propria vita.

Il Giappone, forse, è il paese più affetto da questa nuova dipendenza: si parla di sindrome di “hikikomori” – il progressivo isolamento straniante dell’individuo dalla realtà e dalle relazioni sociali che lo porta a isolarsi, a non uscire più ma paradossalmente a delegare i suoi contatti con il mondo esterno ad una connessione on line per svariate ore consecutive della giornata. La nostra realtà ventimigliese e locale non si è ancora confrontata specificatamente con queste problematiche ma, per esempio, su Sanremo il Dott. Sciolè, dirigente del Sert potrebbe avere avuto modo già di affrontare simili problematiche”.

Da ultimo, si segnala tra la copiosa bibliografia in materia di “internet addiction”:

Kimberly Young – “Presi nella rete, intossicazione e dipendenza”  - Calderini Bologna 2000, in cui la sociologa statunitense individua cinque gradi a salire per capire quando un soggetto possa dirsi “catturato nella rete”.

 


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